Il piccolo dinosauro Pachi, ultimo arrivato della sua famiglia, ha sempre cercato di seguire le orme del padre. Dopo che questi muore, Pachi, il fratello maggiore Musone e l'amica Ginepro, si ritrovano separati dal resto del gruppo durante la grande migrazione. E l'esigenza pedagogica si sente immediatamente, fortissima, a partire da quei nomi di ogni dinosauro spiegati, scritti in sovrimpressione e tradotti, in una versione per nulla divertente delle prese in giro che la Warner Bros. faceva nei cartoni di Wile E. Coyote e Road Runner dei documentari di un tempo. A spasso con i dinosauri vuole come prima cosa insegnare: cosa sono stati i dinosauri, che abitudini avevano, qual era la varietà e come si svolgeva la loro vita (non molto diversa da quella degli animali di oggi). Solo in seconda battuta si occupa di organizzare tutto questo materiale e queste nozioni in una storia, forzando ogni fatto e ogni notazioni nello scheletro più classico che ci sia.
Lo stampo è per l'appunto quello della Disney tradizionale, la formazione di un piccolo cucciolo di Pachyrhinosaurus canadensis, dalla nascita alla scoperta degli orrori del mondo fino alla comprensione che nonostante non sia dotato di forza e potenza lo stesso un grande cuore è tutto ciò che gli serve per raggiungere i propri obiettivi. La grandezza è dentro di noi e non nel nostro fisico. Dunque ad impressionare non è la capacità reale di sfruttare l'occasione per una narrazione che insegni o anche solo mostri più di quel che viene detto esplicitamente, semmai è la realizzazione che incrocia istinto da paesaggista e computer grafica, animali costruiti al digitale inseriti in spazi reali. Come per i migliori film naturalistici, il paesaggio pur non interagendo con i personaggi ha un'importanza estetica determinante, in questo caso la sua semplice fusione con il fasullo merita un applauso, poichè a differenza di esperimenti simili visti in passato stavolta l'attenzione è tutta sulla verosimiglianza dell'operazione e non c'è momento in cui l'impressione di realtà non tenga duro.
Peccato quindi per la scelta di non animare le bocche degli animali e di avere un implausibile e straniante doppiaggio fatto senza che nessuno parli, come se tutti comunicassero telepaticamente.