I due figli avuti dalla ex moglie, Lia e Niccolò, abitano invece con la madre. Quando la donna muore, Federico si trova costretto ad accogliere in casa i due ventenni, che lo detestano per aver abbandonato la famiglia, più una nipotina nata da una passata relazione di Lia. Contestualmente, un socio di Federico viene arrestato dalla Finanza, non prima di aver dilapidato tutte le sostanze dei colleghi e aver compromesso la loro reputazione. Gemma, che non sa che farsene di un compagno disoccupato e con figli a carico, lascia Federico. Ed ecco che entra in scena Luisa Tombolini, una "tagliatrice di teste" tormentata dai sensi di colpa per il cinismo del proprio mestiere, che abita proprio nell'appartamento accanto ai Picchioni. Riuscirà questo mix di solitudini problematiche a raggiungere l'armonia?
Carlo Verdone, regista, interprete e cosceneggiatore di Sotto una buona stella, torna a parlare dei problemi della contemporaneità dopo Posti in piedi in Paradiso e lo fa a modo suo: mescolando realtà e parodia, situazioni implausibili e sentimenti autentici, farsa e malinconia. Il risultato è una commedia discontinua che attraversa alti e bassi, alternando momenti di comicità esilarante a momenti di staticità quasi asfittica. Un indizio per spiegare questa schizofrenia pare essere la scena del provino musicale cui Niccolò si sottopone, davanti agli occhi del padre, esibendosi in una canzone nostalgica per due produttori (uno dei quali ha una fisionomia familiare...) che non lo stanno nemmeno ad ascoltare, liquidandolo come deprimente. "La gente vuole ridere", gli dicono. E Federico-Verdone risponde loro: "Quella che voi chiamate depressione si chiama anima".