Ci vuole un discreto lasso di tempo perché Nut Job sistemi come si deve le carte in tavola e si lanci nel vivo dell'avventura. Prima di quel momento non è facilissimo "entrare" nel film, ma se i piccoli spettatori a cui si rivolge non mancheranno di fiducia e pazienza, la soddisfazione promessa arrverà.
Espansione e sviluppo del cortometraggio Surly Squirrel, il film contiene anche un'altra crescita, quella del protagonista Spocchia da birbante egoista a salvatore del branco. La sua maturazione prevede un vero e proprio percorso, anche interiore, punteggiato di disavventure e capitomboli in salsa slapstick, e scandito dal mutare dei suoi rapporti con i compagni di turno, dall'amico fedele ma dato per scontato, al cane Sottiletta, soggiogato dapprima con la forza e poi con un potere ben più forte, quello dell'amicizia. All'eroe "in viaggio" non può mancare un oggetto magico - in questo caso un fischietto ad ultrasuoni - e una ricompensa inaspettata, ma più che meritata.
Non siamo nel quadro delle grandi produzioni del cinema contemporaneo d'animazione; inutili dunque i paragoni qualitativi con Disney o Dreamworks, perché di fatto sproporzionati. Eppure è il film stesso a chiamare in causa tutta una memoria cinematografica esterna alle sue coordinate, citandola, al limite dell'imitazione, nel disegno dei personaggi. Se Spocchia non ha la minima chance di poter competere con Scrat (de L'Era Glaciale) o con la metamorfosi di Semola nella Spada nella Roccia (per citare un antenato illustre), i suoi compagni non si fanno scrupolo di assomigliare agli animali di Ratatouille, La Gang del Bosco o, sconfinando su altri schermi, persino Angry Birds. La sensazione rischierebbe di farsi spiacevole se non fosse per la trovata migliore del film: quell'ambientazione newyorkese anni '50, con tanto di Lana (Turner) pupa del boss, che si fa perdonare altre mancanze di fantasia.