Nottetempo, lungometraggio di esordio del 28enne Francesco Prisco, si sviluppa come un road movie che parte da Napoli e arriva fino a Bolzano viaggiando sulla forza delle atmosfere (accentuata da una colonna sonora evocativa) più che sulla coerenza narrativa. La mano di regia di Prisco è efficace, specie nelle scene di sport (il poliziotto è un giocatore di rugby, e il rugby viene proposto come metafora della vita) ma si ha la sensazione che parte del film da lui girato sia caduto vittima della sala di montaggio. Molti snodi della trama, che ad un certo punto volge decisamente verso il noir, risultano poco chiari o vengono addirittura omessi, lasciando lo spettatore più confuso che persuaso. È un peccato capitale per un film che si propone come un mosaico da ricomporre con esattezza, attingendo sia alla poetica del caso (e del perdono) di Krzysztof Kieslowski che alle trame triangolari di Guillermo Arriaga. Ma la sceneggiatura, pur firmata da un professionista come Gualtiero Rosella insieme ad Annamaria Morelli e allo stesso regista, trasposta sullo schermo rivela buchi e implausibilità davvero vistosi.
La regia si ispira chiaramente a quella di Nicholas Winding Refn ma il risultato è molto lontano dalla compattezza stilistica e narrativa del regista danese. Prisco, considerata la giovane età e il talento con la macchina da presa, merita uno script più coeso e un montaggio meno mutilante.