Takao è un ragazzo insoddisfatto, che ha fretta di crescere e ben pochi amici. In un giorno di pioggia decide di saltare la lezione scolastica e di fermarsi in un giardino. Qui, sotto un gazebo, conoscerà Yukino, che ha qualche anno più di lui ma lo colpisce immediatamente per il suo fascino malinconico. Proprio quando tra i due comincerà a nascere un sentimento vero, Takao farà delle scoperte sorprendenti sull'identità di Yukino.
Celebrato dagli amanti del mondo anime per due gioielli come 5 centimetri al secondo e Viaggio verso Agartha, Shinkai Makoto sceglie un approccio più minimalista, ma non delude con il racconto di formazione, agrodolce e tormentato, de Il giardino delle parole. La più classica delle storie d'amore diseguali, improbabili e problematiche - e che proprio per questa problematicità nasce e poi cresce rigogliosamente - ha luogo in un giardino che pare incantato, un'oasi di pace nel caos opprimente della metropoli.
L'habitat ideale per esaltare i proverbiali sfondi del cinema di Shinkai Makoto: in ogni goccia di rugiada, in ogni dettaglio del giardino incantato è come se vivesse un sentimento di predisposizione all'innamoramento, quasi una inevitabilità del romanticismo. Un gazebo che pare quasi sospeso tra la realtà e un'immaginazione forse guidata dai sogni di un adolescente, irrequieto e incompreso; un non-luogo che è tanto convenzionale e sovraffollato in un giorno di sole, quanto esclusivo in un giorno di pioggia, quando si tramuta nell'unico rifugio possibile per chi cerca riparo dall'insostenibile pesantezza del vivere. Gli squarci nelle esistenze parallele di Yukino e Takao, che rivelano inequivocabili punti in comune tra Yukino e la giovane madre di Takao, si fermano prima di addentrarsiin profondità psicanalitiche, scegliendo di suggerire anziché di sviscerare, anche in virtù di un minutaggio molto contenuto.