E la cornice della storia - una sceneggiatura scritta da una ragazza con una donna francese come protagonista - rappresenta il distacco massimo dall'oggetto della narrazione e nel contempo l'esaltazione dello storytelling simmetrico e ricorsivo come forma d'arte. Simmetrico nella concatenazione di storie o di storia, una e trina, su una donna straniera che, per quanto colori, umore o vestiti possano mutare, resta sola, in cerca di salvezza o di un senso ultimo (il faro, il monaco) ma si smarrisce nel piccolo (il bagnino, l'ombrello smarrito). L'elemento straniero e perturbante permette a Sang-soo di insistere, ancor più del solito, sulla figura tragicomica del maschio coreano e della sua discutibile (ma efficace) arte seduttiva.
Ma naturalmente In Another Country è anche un omaggio al cinema francese - da parte del più "francese" tra i registi sudcoreani - attraverso un'icona del medesimo come la Huppert, nonché un'occasione per tornare su temi che ormai sono quasi dei mantra più che dei topoi per un regista che ha fatto dell'autoreferenzialità (e della riduzione dell'intreccio a nonsense) la propria bandiera. Hong Sang-soo guarda alla nouvelle vague e a se stesso che osserva la nouvelle vague (come la Huppert amorevolmente ripresa di spalle mentre osserva l'orizzonte) in una messa in abisso autoriale che si dimostra più suggestiva con proporzione diretta rispetto alla propria artificiosità.