Estate. Catania. Librino, quartiere satellite. Manuela ha tredici anni, una sorella maggiore che si sta infilando in giri pericolosi, una madre che non sa bene che fare della propria vita e un padre che c'è e non c'è. È un'esistenza come tante la sua fino a che un giorno la statua della Madonna che è stata eretta nello spiazzo antistante la sua abitazione diventa qualcosa di più di un monumento. Le parla o, almeno, così sembra. Da quel momento la vita di Manuela e di chi la circonda si trasforma radicalmente. La voce si diffonde e la sua abitazione diviene meta di persone che chiedono di ricevere una grazia. Diviene anche occasione di arricchimento per sua madre e di stress per lei. Finché un giorno...
Roberta Torre è tornata. Non possiamo che constatare con piacere che, dopo il passo falso di Mare Nero, la regista milanese (ma siciliana adottiva) ha ritrovato la freschezza narrativa e visiva del suo cinema migliore. La visionarietà del suo fare cinema diede origine a una piccola rivoluzione estetica con Tano da morire. Si poteva parlare di mafia con un musical in cui il grottesco si sposava con il surreale. Che cosa di meglio di un miracolo, si potrebbe pensare, per intervenire con le scelte stilistiche di cui sopra? Ma la regista, per sua e nostra fortuna, non ama ripercorrere territori già esplorati o, meglio, integra il suo passato cinematografico con un nuovo modo di narrare.