Nathan frequenta il liceo, è innamorato della vicina di casa, è campione di wrestling per volere del padre, che lo sottopone ad un continuo allenamento e lo vorrebbe lontano dalle sbronze e sempre vigile. Come molti adolescenti, Nathan non si riconosce nei genitori, si sente estraneo e frequenta regolarmente una psicologa per cercare di spiegarsi il perché di un sogno ricorrente e della rabbia che s'impossessa di lui spesso e volentieri. Quando trova per caso una sua foto da bambino su un sito di persone scomparse, capisce che la sua storia è realmente più complessa di come gli hanno sempre fatto credere e in un attimo si ritrova in fuga, braccato congiuntamente dalla CIA e da un agente segreto russo senza scrupoli.
Se si è in grado di passare sopra l'ingenuità di molti dialoghi, spesso senza mezzi termini ridicoli, il film può anche rivelarsi un passabile intrattenimento e non c'è dubbio che l'accoppiata teen-movie / action-movie sia una strada sensata e di sicuro successo, basta solo non scomodare confronti ingannevoli. Chi ha cercato di vendere Lautner in Abduction come il nuovo Jason Bourne ha bleffato colpevolmente: nonostante il trauma biografico/identitario di partenza, non c'è traccia alcuna, qui, né della tristezza profonda del personaggio di Bourne né della felicità artistica dei suoi film.