Momon e Serge si conoscono dagli anni '70 quando sono finiti in galera insieme per delle ciliege rubate e poi, usciti, hanno messo in piedi una delle più grandi organizzazioni criminali. La loro è un'amicizia indistruttibile che è passata anche attraverso la cattura e la tortura da parte della polizia senza che nessuno dei due cedesse e denunciasse l'altro. Ora che sono passati molti anni Serge è nei guai e ha di nuovo bisogno che il suo amico, ormai benestante e ritirato dalla scena criminale, lo aiuti di nuovo. Questo porterà solo nuova violenza, per tutti.
Se non lo si è già capito dalla storia del polar, lo si intuisce immediatamente, come inizia il film di Olivier Marchal che l'unica cosa che conterà per tutti i personaggi coinvolti non saranno i soldi, il successo, la rivalità, il crimine o una sorta di malata etica personale, quanto il saldo e incrollabile valore dell'amicizia virile.
Alla banale domanda "Fino a dove saresti disposto a spingerti per l'amico di una vita?" non solo non viene fornita una risposta semplice ma l'impressione è che altri interrogativi gli vengano affiancati: "Fino a quando possiamo considerare tale un vero amico? Cosa gli si può far passare e cosa no di fronte ad una vita insieme?". In anni di bromance americano, cioè della celebrazione del sentimento che si genera tra uomini, ribadire quanto questo tipo di poetica abbia le sue radici nel cinema francese è solo che sano. In più Marchal trova nei suoi protagonisti invecchiati, la dolenza di una vita di criminalità alla fine, a metà tra la voglia di uscire dal giro di Carlito Brigante e la rassegnazione alla propria età del Max le Menteur di Grisbì.