Scienziato al lavoro su una macchina che potrebbe portare alla scoperta di una nuova fonte di energia, l'eccentrico e dotatissimo Joao decide di provarla anzitempo con la conseguenza di vedersi catapultato vent'anni prima. Si troverà a interagire con il se stesso giovane durante la festa in cui si è fatto soffiare sotto il naso Helena, l'amore della sua vita, dal vincente Ricardo, guadagnandosi così il penoso nomignolo di Zero. Eccitato dalla possibilità di cambiare lo sviluppo della propria esistenza, Joao capirà fin troppo bene i rischi connessi alla sua strabiliante scoperta.
Con una narrazione concitata e dal marcato sapore anni Ottanta, Cláudio Torres impagina una commedia fantastica, gradevole nella sua indiscutibile semplicità d'impianto: a disposizione, del resto, ci sono un personaggio principale idealmente perfetto per un cartone animato, un tema importante com'è quello dell'accettazione di se stessi e una serie di interpretazioni che stanno a confermare il tono leggero di un'operazione volta a rinverdire il già nutrito filone del viaggio nel tempo. Di certo, con premesse del genere, L'uomo dal futuro non si distingue per una sua originalità, procedendo, difatti, su quell'itinerario che da H. G. Wells arriva dritto a Ritorno al futuro. Come nel primo capitolo della trilogia diretta da Robert Zemeckis, non a caso, l'evento scatenante dell'infelice vita di Joao va cercato in una festa di college, di fine corso per giunta, momento topico in cui ci si affaccia all'età adulta; e neanche le dinamiche generali sembrano discostarsi troppo dal modello americano, avendo a che fare con un protagonista sfortunato, un antagonista vincente e una donna contesa tra i due.