All'apice della gloria, Ernesto "Che" Guevara lascia Cuba a Fidel Castro e sparisce. Ricompare segretamente in Bolivia, dove riunisce un gruppo di compagni cubani e di reclute del posto per dare l'avvio all'addestramento dei ribelli che un giorno porteranno, nelle intenzioni, la rivoluzione in tutta l'America Latina, dal Perù al Cile, all'Argentina, al Brasile. Ma il sostegno locale è scarso, il territorio inospitale, la sua presenza viene scoperta e gli scontri hanno inizio anzitempo. Il Che, che vorrebbe raggiungere i minatori sulle Ande, viene arrestato e ucciso.
Che - L'Argentino era in un certo senso un'odissea, per quanto di movimento contrario, non un ritorno ma un approdo, Che - Guerrilla è un'iliade: il racconto di un assedio e di una caduta. Bloccati dall'indifferenza della popolazione e dalla risoluzione dei potenti, che non sono disposti a permettere un'altra Cuba, il Che e i compagni non avanzano ma girano intorno, impaludati, con l'acqua fredda ormai all'altezza delle spalle e i fucili puntati addosso.
Trionfare o morire, ora; la resa non è contemplata, l'abbandono non esiste. Solo in questa logica strettissima si spiega l'assoluta mancanza di pietà nei confronti di chi cade. Non c'è elaborazione del lutto, perché non c'è ingiustizia nella perdita: la fede (rivoluzionaria) giustifica e ripaga del sacrificio. L'altra assenza più palpabile di qualsiasi presenza è quella dell'elemento femminile. Tania è un compagno, un soldato, mentre la vittoria, la rivoluzione e la morte sono le uniche donne del gruppo, entità fantasmatiche, cui si consegna, però, niente meno che la vita. Lo stesso Che è il fantasma di quello che era stato a Cuba, più stanco, vecchio, malato e bello; le autorità boliviane negano al mondo la sua presenza nella loro terra e lui non può indossare il proprio nome, deve diventare un altro, uno fra gli altri.