Anthony Stark è un inventore geniale e miliardario col vizio delle donne (tante) e delle attività filantropiche. Ereditato patrimonio e ingegno dal padre scomparso in un incidente d'auto, Tony (per amici e amichette) conduce e amministra le Industrie Stark, produttrici e prime fornitrici di armi per il governo americano. Durante un test in medioriente, per verificare l'efficienza di un'arma sperimentale, viene catturato da un gruppo di estremisti. Ferito al cuore da una scheggia è soccorso e curato da Yinsen, un fisico esperto di cibernetica che gli applica un organo artificiale. Obbligato dai guerriglieri a costruire un'arma invincibile per la loro causa, Tony progetta in segreto un'armatura per fuggire alla prigionia. Rientrato negli Stati Uniti è deciso a cambiare vita, a riparare alle ingiustizie e a "industriarsi" a favore dei più deboli. Perfezionata l'armatura con la tecnologia avanzata diventa Iron Man, un (super)eroe "umano, troppo umano".
Fumetto e cinema nascono insieme più di un secolo fa e si spiano da subito. Due linguaggi con origini diverse e identità distinte che pure hanno saputo dialogare intensamente: confrontandosi, convivendo, divorziando, riconciliandosi e riconfigurando le reciproche estetiche. L'Iron Man di Jon Favreu, nell'intensa economia di scambio tra fumetto e cinema, realizza un enorme salto di qualità, dimostrando la reciprocità produttiva dei due linguaggi, che nell'ultimo decennio si era spinta in direzione di un'autentica cannibalizzazione.
L'archivio "eroico" della Marvel è diventato un vero e proprio laboratorio per la creazione, anche se non sempre riuscita e puntuale, di nuovi modelli estetico-narrativi dell'industria cinematografica, come dimostra l'insistita trasposizione sullo schermo di un esteso repertorio dei loro personaggi: da Spider Man agli X-Men, dai Fantastici Quattro ad Iron Man, e per continuare nel futuro prossimo con Hulk e Capitan America.