Racconto del racconto di un racconto. Un gioco di scatole cinesi che inizia con un carrello aereo sulla palude australiana, attraversa foreste di alberi altissimi e terra fangosa, passando per specchi d'acqua coperti di ninfee su cui si riflette il cielo al tramonto. La voce narrante è quella di un aborigeno che si dice ormai parte delle infinite gocce d'acqua di quella palude, crogiuolo dei suoi antenati. Di passato in passato, la storia è quella di un suo avo che, mentre insegna al nipote l'arte di costruire canoe, gli tramanda le vicende della loro famiglia. Amori, passioni, gelosie, guerre, religioni e stregonerie.
Rolf de Heer, dopo il claustrofobico e psicologicamente scioccante Alexandra's Project's, torna al tema aborigeno di The Tracker . Volutamente ripetitivo e ipnotico nella prima parte, il film - giocato sull'antitesi colore e bianco/nero per indicare i passaggi temporali - culmina in un finale che racconta, con tutta la solennità di certi miti ancestrali, la morte del capotribù, e sancisce il bianco/nero a linguaggio dell'eternità.