Una cena a casa di Lisa e Alfonso, lei casalinga, lui professore universitario invaghitosi di una studentessa, fa esplodere le dinamiche nascoste di un gruppo di amici che si frequentano da decenni. Ci sono Laura e Marco, commerciante e avvocato che di nascosto va dalla psicanalista tre volte a settimana, e Luciano, un regista teatrale alle prese con una prostituta con la quale ha un rapporto sempre più intenso. Intorno al mondo di questi adulti insoddisfatti si muovono anche il sensibile Stefano e la rancorosa Eleonora, figli di Alfonso e Laura.
A Stefano Coletta, direttore della fotografia qui alla sua prima regia, non interessa imbastire l'ennesima declinazione italiana di Il grande freddo come potrebbe sembrare dall'occasione quasi proverbiale della cena tra amici. Sarebbe sufficiente l'incontro iniziale dei tre protagonisti maschili in un bar gestito da un quarto conoscente nostalgico del Partito comunista per capire quanto il modello ricercato sia quello della commedia all'italiana più matura e autocritica: risulta quasi impossibile, infatti, non pensare al cinema di Ettore Scola tanto la sceneggiatura sembra essere un impasto di spunti estrapolati, nello specifico, da C'eravamo tanto amati e La terrazza, con riprese a livello di schema generale e citazioni visivo-letterali. Frasi come "Siete solo degli intellettuali con tutte le insopportabili insoddisfazioni degli intellettuali" vanno in questa precisa direzione, rimarcando ciò che è già chiaro dalle azioni, dai lavori svolti dai personaggi, dai castelli di illusioni in rapido disfacimento di un gruppo di cinquantenni annoiati, ex sessantottini lamentosi e incapaci di apprezzare il presente. Al disegno iniziale, all'incrocio di amorazzi e incomprensioni che un cast capace porta avanti per una buona metà con disinvolta scioltezza, segue una seconda parte in cui i nodi non riescono a venire al pettine.