Una compagnia cinese rileva l'altoforno di un'acciaieria in disarmo. Vincenzo Buonavolontà, ex manutentore specializzato scopre un difetto nell'impianto. Per prevenire incidenti sul lavoro e garantire gli operai che dovranno manovrarlo, Vincenzo parte alla volta della Cina. Vuole consegnare personalmente la centralina modificata ai nuovi acquirenti. Giunto a Shanghai incontra di nuovo la loro giovane traduttrice, Liu Hua, che lo accompagnerà in un viaggio attraverso la Cina e dentro se stesso.
Come Il ladro di bambini e Lamerica, l'ultimo film di Gianni Amelio è la storia di un viaggio non soltanto geografico, che spinge fuori dall'Italia un uomo di Buonavolontà. La Cina, lontana dall'essere la "favola" immaginata o riferita dai media, rivela al protagonista una realtà che ha dismesso affetti e diritti (umani) e vive al ritmo dei tempi di produzione. Panorami industriali, cantieri a cielo aperto, architetture monumentali, zone rurali annegate dall'acqua della diga più grande del mondo, dove si naviga a vista, rincorrendo la modernità e realizzando un capitalismo selvaggio. L'occidente esporta all'oriente il suo modello e i suoi guasti, gli stessi che Buonavolontà vuole caparbiamente correggere e sostituire. Perché il suo essere operaio appartiene a un mondo perduto o magari a quella stella che non c'è (più). Buonavolontà è un'ideale di professionalità estinta, qualificata per prendersi cura di una macchina di acciaio, con pazienza, senza fretta. E nel viaggio cinematografico di Amelio, Vincenzo Buonavolontà è di nuovo il padre di figli putativi, il fratello maggiore di uno minore, il carabiniere di fuggitivi, accanto alla giovane Liu Hua che insegna traducendo o rimanendo silente. Liberamente ispirato al romanzo di Rea, La dismissione, Amelio racconta di un cavaliere umano e della sua impresa: inserire nel disegno più ampio del mondo globalizzato un pezzo e il senso della propria vita, il suo mestiere.