Nicola passa il tempo bevendo e fingendo che sta smettendo di bere. Questa è la storia sua e di tanti altri personaggi che incontra per un destino o per caso come in un road movie. Perciò è anche la storia di Sabatino che truffa le assicurazioni. Pure il Concellino vive truffando le assicurazioni, ma vuole fare carriera. È la storia di Salvatore, figlio di Anna e forse anche di Nicola, ma Anna è una prostituta e non lo sa chi è il padre di suo figlio. È la storia di Sofia che dice che scappa in Spagna con l'amica. Lo dice, ma poi resta a Cinecittà. È la storia dell'Abruzzese che fa il carrozziere, ma anche il parcheggiatore notturno. È la storia di Sasà che una notte finirà peggio di tutti nella stanza di una questura di periferia. E in mezzo a tutte queste storie c'è quella dell'americana che gira l'Italia vestita da sposa.
Quella di cui sopra è la sintesi della trama che si può trovare sul catalogo delle “Giornate degli Autori” del Festival di Venezia 2015 ed espone con precisione tutte le vicende che percorrono il film di Celestini. A fare da fondamentale trait d’union è appunto Nicola ma si potrebbe chiamare anche Ascanio perché lo sguardo di comprensione con cui l’attore/regista si rivolge all’umanità dolente (ma non del tutto vinta) che popola il film è il suo.
A fare da bussola e da chiave di lettura è la battuta pronunciata da Nicola/Ascanio in apertura e che ribalta il finale del Pinocchio collodiano. L’essere umano è buffo, meglio il burattino. Perché l’essere umano celestiniano è fragile e contraddittorio. Cerca il prossimo ma al contempo lo teme. Fa propositi che poi non mantiene e cerca di sopravvivere ai margini del luogo dove la finzione si fa arte (Cinecittà). Anche vivendo al limite della legalità o addirittura superandolo cercando una bellezza che è negata sia dagli esterni che dagli interni, siano essi un’abitazione/ricovero degradata o un bar di periferia ultimo approdo di chi vorrebbe raggiungere un porto sicuro. Magari con in mano una bottiglia di vino con un fiocco rosso.