Il brodo di coltura è il medesimo di Tarantino e Guy Ritchie - in primis l'indigestione di cinema macho di Hong Kong, quello di registi come Chang Cheh e John Woo - e i punti di contatto sono tanti e tali che risulta difficile dire quanto siano stati i primi due a influenzare Seung-wan piuttosto che Ryoo a regalare qualche sfumatura al prosieguo di carriera del regista di Grindhouse - A prova di morte. L'exploitation a cui sta a cuore l'eccesso catartico da sala di quart'ordine scalcinata passa inevitabilmente anche dal cinema di Ryoo Seung-wan e da pellicole come No Blood No Tears, come dallo stile "coatto" della sua messinscena, che zoomma su armi da taglio e pistole, lavorando sempre per addizione e mai per sottrazione. C'è sempre una rissa in più, o un colpo di taekwondo totalmente pleonastico e inaspettato, tutto quanto serva a mantenere il film nei binari del prodotto di genere.
Per i ruoli delle due protagoniste Ryoo sceglie due attrici con un passato totalmente differente: la tassista è Lee Hye-yeong, star exploitation degli anni '80 dimenticata e riportata alla gloria come una novella Pam Grier, mentre la pupa del gangster è una Jeon Do-yeon - allora solo una giovane promessa, prima di arrivare alle onorificenze di Cannes per Secret Sunshine e alla fama di The Housemaid - già in grado di dimostrare una duttilità non comune nel suo metodo recitativo.